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Tecnologia

Copilot, ChatGPT e le altre IA si stanno autodistruggendo: perché ogni ora diventano più deboli

Il destino di Microsoft Copilot, Google Bard e ChatGPT sembra appeso a un filo: le aziende devono prendere una decisione molto importante.

Negli ultimi dodici mesi abbiamo assistito all’ascesa di giganti dell’Intelligenza Artificiale (IA) come Microsoft Copilot, Google Bard e OpenAI ChatGPT. Queste tecnologie, una volta viste come trovate futuristiche lontane da noi, oggi sembrano improvvisamente essere ovunque. E se da una parte minacciano milioni di professionisti con le loro funzioni sempre più avanzate, dall’altra questa loro grande diffusione le sta mettendo di fronte a un problema inaspettato.

L’IA ha creato una situazione paradossale sul web – vcode.it

Secondo i rapporti di diverse società che monitorano lo stato del web, la grande presenza di strumenti come ChatGPT e Copilot sul web sta portando questi stessi strumenti all’autodistruzione. Queste dinamiche, infaspettatamente, minacciano l’efficacia e la credibilità delle IA e hanno generato una situazione che potrebbe portare a un loro inevitabile declino.

Il paradosso del successo dell’IA: il fallimento è vicino?

Sembra un paradosso, ma il successo straordinario di queste IA potrebbe essere la causa principale della loro caduta. Microsoft Copilot, Google Bard e ChatGPT, modelli di linguaggio avanzato (LLM), sono alimentati da vasti oceani di dati raccolti (a volte in maniera controversa) da Internet. Se da una parte la quantità di dati dovrebbe teoricamente migliorare le loro capacità, il problema nasce dalla qualità di questi dati.

I modelli di IA stanno contribuendo al loro malfunzionamento – vcode.it

Questi modelli sono addestrati su dati che spesso includono proprio contenuti generati da altre IA, che possono essere quindi imprecisi, fuorvianti o semplicemente scritti male. Questa tendenza all’autoalimentazione sta portando a quello che gli esperti chiamano “crollo del modello”, un processo degenerativo in cui la qualità dell’output dell’IA diminuisce nel tempo, proprio come un’immagine JPEG che perde qualità con ogni compressione e condivisione.

L’impatto di questo fenomeno è vasto e soprattutto ha colto di sorpresa gli stessi sviluppatori. Si stima che fino al 57% dei contenuti su Internet possa essere generato da IA. Questo significa che ci stiamo avvicinando a un punto in cui l’IA non solo modella ma domina il paesaggio dei contenuti web, spesso a discapito della qualità e dell’affidabilità.

I creatori di contenuti umani tornano quindi a essere la linfa vitale per l’addestramento di questi modelli. Google e Microsoft si trovano quindi in una posizione precaria: dipendendo da contenuti di qualità che le loro stesse tecnologie stanno erodendo. Le aziende leader del settore devono quindi ora trovare un modo per preservare la simbiosi tra creatori di contenuti e algoritmi di ricerca. Se non affrontano proattivamente questo problema, potrebbero vedersi costretti ad agire tramite interventi legali o regolamentari.

La soluzione potrebbe risiedere nel migliorare i meccanismi di filtraggio dei dati, incentivando la creazione di contenuti umani di alta qualità e sviluppando algoritmi più sofisticati per discernere tra contenuti generati da umani e quelli generati da IA.

Paolo Pontremolesi

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