Sette anni fa ci lasciava Chester Bennington, ricordiamo insieme il frontman dei Linkin Park

Il 20 luglio 2017 Chester Bennington si toglieva la vita lasciando un vuoto enorme nel cuore di molti, ecco chi era davvero 

Chester Bennington e i Linkin Park hanno accompagnato intere generazioni con i loro testi e con la voce delicata ma graffiante di Chester, che sapeva ferire con la sua penna e guarire con la sua voce.

Parliamo di una band che ha scritto un capitolo indelebile della storia della musica. Una band che ha saputo spaziare tra metal, pop rock, alternative e rap… una band che porteremo nel cuore per sempre.

Proprio come porteremo nel cuore per sempre Chester Bennington, che ci ha lasciati ormai sette anni fa, sopraffatto da quei demoni con cui aveva convissuto per gran parte della sua vita e che, alla fine, lo hanno portato a compiere il gesto estremo di togliersi la vita proprio nel momento in cui si trovava all’apice della sua carriera. 

In onore della giornata di oggi, per ricordare uno dei più grandi cantanti di tutti i tempi, vogliamo raccontarvi di più sulla sua vita e darvi qualche risposta in merito dalla sua morte. 

Chester Bennington: il dolore mascherato con un sorriso

Chester nacque il 20 marzo del 1976 da una madre infermiera e un padre poliziotto. I genitori si separarono quando Chester era molto piccolo e lui decise di andare a vivere con il padre.

La sua, all’apparenza, sembrava un’infanzia normale, tra la passione per la musica e per la corsa, ma qualcosa dentro di lui si era spento all’età di sette anni e quella luce Chester non riuscì più a riaccenderla.

Infatti, dai 7 ai 13 anni subì ripetutamente abusi da un ragazzo più grande di lui. Ancora oggi non ne conosciamo l’identità, perché Chester si è sempre rifiutato di divulgarla. Questo ragazzo manipolò psicologicamente Chester prima di passare alla violenza fisica fatta sia di aggressioni che di abusi sessuali.

Tutto rimase un segreto: Chester camuffava il suo dolore e fingeva che andasse tutto bene, ridendo e scherzando mentre quel dolore da dentro rischiava di soffocarlo sempre di più.

Quando raccontò al padre la verità e fu sul punto di denunciare il suo carnefice scoprì che, a sua volta, quel ragazzo era stato vittima di abusi e improvvisamente si fermò. Decise di non denunciarlo, dimostrando la sua innata sensibilità e comprensione anche di fronte ad una persona che gli aveva fatto del male per anni. Ma quegli eventi lo segnarono in modo indelebile.

Chester da adolescente fu anche vittima di bullismo: l’ascoltare musica metal, il vestirsi in modo inusuale per il resto dei suoi compagni e l’essere gracile di corporatura, lo rendevano la vittima perfetta.

Ma ancora una volta Chester mascherò il tutto con un sorriso, riuscendo a nascondere senza problemi tutti questi traumi alla sua famiglia. L’unico sollievo che riusciva a trovare era quello garantito dalle droghe di ogni tipo, che cominciò ad assumere da piccolo, e dai testi delle sue canzoni.

Il sogno realizzato di Chester Bennington 

Chester Bennington aveva un grande sogno: arrivare all’apice del successo grazie alla musica e si aggrappò a questo sogno con tutte le sue forze per rimanere a galla.

Fece parecchie audizioni e cominciò a cantare nella band Grey Daze proprio quando ogni speranza di fare musica per vivere sembrava ormai persa. Ma quello fu solo un trampolino di lancio che lo fece atterrare direttamente negli Xero, che probabilmente conoscerete con il nome di Linkin Park, nuovo nome che la band assunse dopo l’inizio della collaborazione con la Warner.

Il primo album della band, Hybrid Theory fu un successo insperato: riuscì a vendere la bellezza di 32 milioni di copie. Decisamente niente male per essere l’album d’esordio di una band appena nata. Per farvi capire meglio, si tratta dell’album che comprende alcuni degli intramontabili successi dei Linkin Park come In the End e Papercut.

Chester Bennington sul palco
Chester Bennington raggiunge l’apice del suo successo con i Linkin Park – Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 – vcode.it

Il sogno si realizza per Chester ma non basta a soffocare il dolore che sentiva dentro e che inizia a ripercuotersi anche sul suo benessere fisico oltre che psicologico: continua a fare uso di droghe e a soffrire di dolori addominali frequenti e di ossa deboli. Pensate che durante una live si ruppe accidentalmente un braccio ma continuò comunque con lo spettacolo.

A complicare ulteriormente la situazione ci pensò una stalker che prese di mira lui, sua moglie Talinda e il resto della sua famiglia, e che per ben due anni li fece vivere nel terrore. 

Tuttavia nel 2006 il cantante dichiarò al mondo di essere finalmente sobrio, ma il prezzo da pagare furono i potenti ansiolitici che fu costretto ad assumere per tenere a freno gli effetti collaterali della dipendenza e che, in qualche modo, andarono a peggiorare il suo stato depressivo.

La morte di Chris Cornell fa crollare Chester Bennington 

Chris Cornell era un cantante e musicista statunitense, frontman della band Soundgarden, dei Temple of the Dog e degli Audioslave nonché il migliore amico di Chester. I due erano molto legati, tanto che Chester era il padrino del figlio di Cornell. 

Il 17 maggio del 2017 Chris Cornell si tolse la vita impiccandosi e si pensa che questa sia stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso per Chester che improvvisamente non riuscì a rialzarsi o a mettere a tacere i demoni con cui aveva dovuto convivere per tutta la vita: il dolore per la morte dell’amico risvegliò la sofferenza che non era mai riuscito a soffocare del tutto.

Due mesi dopo la morte di Cornell, il 20 luglio 2017, Chester Bennington decise di togliersi la vita a sua volta, nello stesso modo: impiccandosi.

Nonostante fosse all’apice della sua carriera, nonostante agli occhi di tutti Chester fosse felice e soddisfatto, dentro di lui non aveva mai smesso di soffrire.

 

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I testi delle sue canzoni sono l’unico segnale della sua sofferenza, l’unico indizio che a posteriori avremmo potuto notare.

Basta pensare a One More Light che sembra un messaggio di addio per i suoi fans, a Crowling che suona come una richiesta d’aiuto dolorosa, o al testo di Leave Out All The Rest che, con il senno di poi, non può fare altro che farci rabbrividire perché sembra raccontare esattamente quello che avrebbe fatto: 

Ho sognato che ero scomparso

tu eri così spaventata

ma nessuno riusciva a sentire

Perché non importava a nessun altro

dopo il mio sogno,

mi sono svegliato con questa paura:

cosa sto lasciando?

Quando non sarò più qui

quando arriverà il mio tempo

dimentica tutti gli sbagli che ho fatto

aiutami a lasciare indietro

qualche ragione per far sentire la mia mancanza

e non avercela con me

e quando ti sentirai vuota

tienimi tra i tuoi ricordi

lascia fuori tutto il resto

 

One more light

Chester Bennington era una persona sensibile e gentile, un cantautore di talento che smetteva di nascondersi solo quando scriveva e si esibiva sul palco, lasciando che il suo dolore fosse una carezza per quello degli altri. 

La sua storia ci insegna che spesso le persone che ci circondano sono molto brave a nascondere la loro sofferenza, anche se stanno combattendo una battaglia che non vediamo, una battaglia che, se affrontata da soli, può portare ad un esito da cui non si può più tornare indietro. 

Ciao Chester, sicuramente sei diventato quella luce in in un cielo di un milione di stelle. E quaggiù tutti sentiamo ancora la tua mancanza.

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