I figli d’anima di Michela Murgia, scrittrice scomparsa ad agosto 2023 dopo una lunga malattia, sono quattro. Di loro si conosce poco, ma hanno avuto un ruolo importante nella vita della donna.
Di Michela Murgia tutto si può dire tranne che non abbia vissuto una vita sempre in linea con quello in cui credeva. La scrittrice è scomparsa ad agosto di quest’anno, dopo una lunga malattia che non le ha lasciato scampo, ma anche negli ultimi mesi, quelli in cui ormai non c’era più nulla da fare, ha continuato a portare avanti i suoi ideali. Ideali che avevano preso la forma di una famiglia queer. Una famiglia, cioè, composta da persone che hanno scelto di prendersi cura le une delle altre, e viceversa, solo in nome dell’amore e dell’affetto e non per un legame di sangue.
Il marito e i figli d’anima di Michela Murgia
Di questa famiglia faceva parte Lorenzo Terenzi, l’uomo che Michela ha deciso di sposare nelle settimane precedenti alla sua morte. Un matrimonio celebrato, appunto, in articulo mortis. “Lo abbiamo fatto controvoglia – aveva raccontato Michela di quel matrimonio –: se avessimo avuto un altro modo per garantirci i diritti a vicenda non saremmo mai ricorsi a uno strumento così patriarcale e limitato“. Insieme a Lorenzo, però, Michela aveva anche dei figli che chiamava figli d’anima. Questo perché non si trattava, nello specifico, di figli di sangue, ma appunto d’anima. Si chiamano Raphael Luis, Francesco Leone, Michele Anghileri e Alessandro Giammei e sono stati accanto a Michela sempre, anche e soprattutto nei momenti più duri della malattia. Con lei hanno condiviso la stessa casa a Roma e con le hanno contribuito a crearla quella casa, sia attraverso il lavoro sia attraverso la condivisione e la partecipazione.
Cosa fanno i figli d’anima?
Sui quattro figli d’anima non si sa molto, oltre ai loro nomi. Di Francesco Leone si sa che è un cantante lirico, mentre di Alessandro Giammei che è professore a Yale e che sarà lui che si occuperà della curatela degli scritti di Michela. Il figlio d’anima di cui si sa di più è Raphael Luis. In un’intervista – rilasciata poche settimane dopo l’annuncio del tumore al quarto stadio – Michela aveva parlato di come lei e la madre naturale del bimbo, Claudia, fossero diventate una “coppia omogenitoriale”, definizione che le due non avevano mai usato prima perché “famiglia ci bastava”.
Alla domanda se fosse stato facile crescere un figlio così aveva risposto: “La parte facile l’ha fatta lui, che ha un’intelligenza emotiva che noi neanche dopo una vita di analisi. La parte difficile l’hanno fatta gli altri. Parentado biologico diffidente, quando non ostile. Compagni giudicanti. Conoscenti morbosi. Mille spiegazioni. Silenzi di protezione“. E anche la burocrazia: “La paura che a una dogana qualcuno ti chieda perché viaggi all’estero con un minorenne che non è tuo figlio. La certezza che non puoi andarlo a prendere a scuola, perché non sei nessuno. La preoccupazione che a lei succeda qualcosa e tu non possa dire: ci sono anche io. O che succeda qualcosa a te e lui non possa dire: era mia madre. Ci siamo nascoste per anni, madri in casa, amiche fuori, per far stare tranquillo il mondo“.