Al-Arabiya: organizzazione vuole “risposta definitiva” da Israele prima del Ramadan. Il rapporto Onu: “Fondati motivi per credere che ostaggi a Gaza subiscano ancora abusi sessuali”
Sul fronte dei negoziati per il cessate il fuoco a Gaza, Hamas vuole una “risposta definitiva” da Israele “prima dell’inizio del mese sacro di Ramadan”, previsto per il 10 marzo.
Lo riporta la tv satellitare al-Arabiya, che cita proprie fonti secondo cui Hamas ha anche informato i mediatori della decisione di non procedere con “nessuno scambio di prigionieri“ – il rilascio degli ostaggi trattenuti a Gaza dal 7 ottobre e la liberazione dei detenuti palestinesi nelle carceri israeliane – se non verrà annullata l’operazione militare a Rafah”, annunciata da Israele per questa città del sud della Striscia in cui si sono rifugiati più di un milione di sfollati di altre aree dell’enclave palestinese.
Stando alle fonti di al-Arabiya, Hamas ha anche “chiesto un piano chiaro per il rientro, senza restrizioni, degli abitanti del nord della Striscia di Gaza”.
Israele ha intanto chiesto ai mediatori coinvolti nei contatti con Hamas “più informazioni sulle condizioni dei militari” trattenuti nella Striscia e “sulle loro sorti”, ha riferito ancora la tv satellitare citando sue fonti secondo cui Israele avrebbe anche rifiutato il rilascio dei detenuti palestinesi indicati da Hamas per arrivare a un accordo.
Gli ostaggi tenuti a Gaza da Hamas sono stati probabilmente soggetti a “violenze sessuali, tra cui stupro, torture sessuali, trattamenti crudeli, inumani e degradanti”, sostiene intanto Pramila Patten, rappresentante speciale delle Nazioni Unite per la violenza sessuale nei conflitti, aggiungendo che il suo ufficio ritiene che tale trattamento potrebbe essere ancora in corso.
Presentando un rapporto sui crimini sessuali commessi da Hamas il 7 ottobre, la Patten afferma che ci sono “informazioni chiare e convincenti” secondo cui gli ostaggi portati a Gaza sono stati violentati e ci sono “fondati motivi” per credere che gli ostaggi ancora subiscano ancora abusi.
Patten dice ancora che ci sono “fondati motivi” per ritenere che “stupri di gruppo” siano avvenuti durante l’assalto di Hamas del 7 ottobre in “almeno tre luoghi”, incluso il sito del festival musicale Supernova, il Kibbutz Re’im e la Route 232.
Le prove, afferma, indicano che la maggior parte delle vittime in questione sono state “prima sottoposte a stupro e poi uccise”.
L’Hostages Family Forum ha reagito alla pubblicazione del rapporto invitando il primo ministro Benjamin Netanyahu a garantire un accordo per il rilascio.
“Cosa c’è ancora da dire o fare affinché Netanyahu e i membri del governo siano determinati a fermare la crudeltà che le donne e gli ostaggi maschi sopportano giorno dopo giorno?” afferma il Forum in un comunicato stampa.
“È palesemente ovvio che le donne in ostaggio stanno attraversando l’inferno in ogni momento, ogni minuto”, aggiunge la dichiarazione, “Il popolo di Israele non perdonerà il primo ministro Netanyahu e il governo se non riusciranno a porre fine agli atti orribili che gli ostaggi hanno già subito per 150 giorni”, aggiunge il comunicato stampa.
Hamas non sa quali e quanti ostaggi siano ancora vivi nella Striscia, ha intanto dichiarato ieri alla Bbc Basim Naim, membro del Politburo di Hamas, sostenendo che è “praticamente impossibile” fornire a Israele una lista degli ostaggi che sono sicuramente ancora in vita.
“Fino ad ora non abbiamo presentato alcuna lista – ha spiegato Naim -. Ma tecnicamente e praticamente in questo momento è praticamente impossibile sapere esattamente chi è ancora vivo e chi è stato ucciso a causa dei bombardamenti israeliani o chi è stato ucciso per fame a causa dell’assedio israeliano”.
Inoltre gli ostaggi “si trovano in zone diverse con gruppi diversi e quindi abbiamo chiesto un cessate il fuoco per poter raccogliere i dati”, ha aggiunto il funzionario di Hamas. Naim ha ribadito che il gruppo non accetterà un accordo senza la fine della guerra e il ritiro completo delle Forze di difesa israeliana (Idf) da Gaza.
Domenica scorsa una delegazione di Hamas è andata al Cairo, in Egitto, per discutere con Israele un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza, ma la delegazione israeliana non si è presentata all’incontro.
Il governo di Israele aveva messo come condizione per procedere con le trattative sulla tregua la lista degli ostaggi israeliani prigionieri di Hamas ancora in vita: Hamas ha rifiutato di consegnarla e così la delegazione israeliana ha boicottato l’incontro.
L’ipotesi di una trattativa su una tregua era stata anticipata sabato da una fonte statunitense dell’agenzia di stampa Reuters, che aveva detto che Israele aveva accettato di concedere un cessate il fuoco di sei settimane a patto che Hamas accettasse di liberare le persone prese in ostaggio nell’attacco del 7 ottobre.
Durante precedenti trattative Hamas ha evitato di discutere le condizioni di salute di singoli ostaggi prima di aver trovato un accordo sulla loro liberazione.
La delegazione di Hamas è guidata da Khalil al Hayya, un vicino collaboratore di Yahya Sinwar, leader di Hamas dentro alla Striscia di Gaza. Erano andati al Cairo per l’incontro anche dei rappresentanti di Qatar e Stati Uniti, paesi che stanno facendo da mediatori tra le parti in guerra.
Fonti anonime all’interno del governo israeliano che hanno parlato con il quotidiano progressista israeliano Haaretz hanno criticato il primo ministro Benjamin Netanyahu per aver preteso la lista degli ostaggi ancora in vita prima dell’inizio delle trattative.
La scorsa settimana sembrava che i negoziati tra Israele e Hamas stessero facendo dei significativi progressi per raggiungere un cessate il fuoco, per quanto temporaneo, dopo numerosi insuccessi. La delegazione israeliana aveva incontrato a Parigi il direttore della CIA, il capo dell’intelligence egiziana e il primo ministro del Qatar Mohammed bin Abdulrahman bin Jassim al Thani: non erano presenti rappresentanti di Hamas, ma sia l’Egitto che il Qatar facevano da tramite.
Da allora comunque le pressioni su Israele per concordare una tregua sono aumentate anche per via della strage di persone palestinesi avvenuta giovedì nella città di Gaza: il ministero della Salute di Gaza (cioè Hamas) ha accusato l’esercito israeliano di aver sparato e ucciso almeno 112 civili tra le persone che si erano radunate per ricevere cibo da alcuni camion di aiuti umanitari.
L’esercito israeliano ha negato di aver sparato sulla folla. Domenica il portavoce dell’esercito Daniel Hagari ha detto che è stata conclusa un’indagine preliminare sull’accaduto: secondo la ricostruzione israeliana della strage, definita «uno sfortunato incidente» da Hagari, i civili palestinesi sarebbero morti schiacciati dalla calca mentre si avvicinavano ai camion.
«La nostra indagine iniziale ha confermato che i soldati non hanno sparato verso il convoglio di aiuti», ha detto Hagari, che ha anche aggiunto: «Numerosi saccheggiatori si sono avvicinati alle nostre truppe, costituendo una minaccia immediata». Questo resoconto è contestato da varie testimonianze palestinesi.
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