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Nonostante Piracy Shield, lo streaming illegale prolifera ancora: 4 italiani su 10 usano il “pezzotto”

Allarme streaming illegale nel nostro Paese: circa il 39% degli italiani ne fa uso per vedere lo sport: “Ogni giorno regalati oltre 700mila euro alla criminalità”

Negli ultimi anni sono state prese misure drastiche e annunciate sanzioni pesanti contro chi trasgredisce le regole, ma il “pezzotto” in Italia rimane di moda. Le perdite economiche nel settore dello sport e dello spettacolo rimangono, così, considerevoli, nonostante qualche leggero segnale di un possibile cambiamento di direzione. Il lavoro da fare è ancora molto, ma la soluzione al problema sembra essere ancora decisamente lontana. Facciamo il punto della situazione.

Il problema dello streaming in Italia non sembra avere una soluzione, e intanto sono andati persi 11mila posti di lavoro

L’allarme, per quanto riguarda il lato sportivo, era stato lanciato già a inizio giugno da Luigi De Siervo, amministratore delegato della Serie A, il quale, in occasione del Festival della Serie A a Parma aveva dichiarato: “Se nel nostro campionato non ci sono campioni è perché non ci sono sufficienti tifosi che pagano il prodotto. Quando noi chiudiamo una complicatissima asta di diritti, alla fine poi lavoriamo allo stesso conto economico perché più soldi entrano e più riusciamo tutti ad avere un beneficio. Se non raggiungiamo il break-even è perché il numero pirati è ancora alto”. Queste parole non erano andate giù ai tifosi, i quali, soprattutto sui social, avevano criticato duramente le parole di De Siervo, puntando il dito contro il continuo aumento dei prezzi degli abbonamenti a Dazn.

Pirateria in Italia | Pixabay @glegorly – VCode

Il problema, però, non si limita allo sport: secondo il rapporto sull’illecita riproduzione di contenuti audiovisivi in Italia nel 2023, condotto da Ipsos per conto di Fapav (Federazione Antipirateria Audiovisiva), si è registrata una leggera diminuzione sia nel numero di persone coinvolte nella pirateria che nel totale degli episodi illegali. Tuttavia, il danno economico potenziale per le industrie dei contenuti e per l’economia nazionale rimane significativo.

Nel 2023, secondo Ipsos, il 39% degli adulti italiani ha effettuato almeno un atto di pirateria, come l’accesso non autorizzato a film, serie TV, programmi o eventi sportivi in diretta. Questo dato segna un calo del 3% rispetto all’anno precedente, con circa 319 milioni di atti illeciti stimati, in contrasto con i 345 milioni registrati nel 2022. Sebbene vi sia una leggera diminuzione, non è sufficiente per guardare al fenomeno con ottimismo cautelativo: ancora 4 adulti italiani su 10 hanno praticato la pirateria nel 2023. Tra i contenuti più piratati, i film rimangono in cima, mentre la pirateria delle serie TV e delle fiction è diminuita del 14% rispetto al 2022. La pirateria digitale rimane la modalità principale per accedere ai contenuti piratati (37%), con un leggero calo rispetto al 2022 (che era del 39%). La pirateria indiretta e quella fisica sono rimaste stabili al 12% e al 9%, rispettivamente. Le IPTV illecite sono utilizzate da circa 11,8 milioni di italiani, seguite dallo streaming (18%) e dal download (15%) come altre modalità comuni per accedere ai contenuti pirata.

Le perdite economiche e dei posti di lavoro

Ipsos ha calcolato che la pirateria ha causato una perdita di circa 2 miliardi di euro per l’economia italiana, comportando una diminuzione del PIL di circa 821 milioni di euro e una riduzione di circa 11.200 posti di lavoro.

Sul fronte della consapevolezza, il 79% dei pirati italiani riconosce che la pirateria audiovisiva costituisca un reato. Tuttavia, il 47% degli italiani non ha piena consapevolezza della gravità di questo fenomeno e dei suoi impatti sul mercato del lavoro, sulla creatività e sul talento, che sono fondamentali per l’industria audiovisiva e culturale italiana.

L’impatto della nuova legge antipirateria, in vigore dall’agosto 2023, non è stato netto come veniva auspicato. Tra le misure dissuasive più efficaci si pensa che l’oscuramento dei siti con contenuti non autorizzati possa spingere i pirati a optare per alternative legali a pagamento (45%). Inoltre, la sanzione amministrativa e la possibilità di denuncia penale sono viste come altri strumenti importanti di contrasto alla pirateria. Nonostante ciò, la conoscenza precisa degli effetti della nuova normativa è ancora limitata, ma c’è un aumento della responsabilità individuale parallelo alla crescita della consapevolezza: il 37% dei pirati ha dichiarato che non userà più contenuti audiovisivi in modo illecito a seguito dell’entrata in vigore della legge.

Addio Piracy Shield, entro la fine del 2024 arriverà una nuova piattaforma antipirateria

Intanto, a inizio giugno, è arrivata una notizia importante proprio per quanto riguarda la lotta alla pirateria. Il commissario AGCOM Massimiliano Capitanio ha annunciato, durante il Festival della Serie A svolto a Parma, che il Piracy Shield sarà sostituito da una nuova piattaforma antipirateria. Introdotto per la prima volta alla fine di gennaio, il Piracy Shield è stato oggetto di numerose critiche per il suo modo di bloccare indirizzi IP non correlati alla trasmissione illegale di eventi sportivi. È importante specificare che le critiche non mettono in dubbio l’obiettivo dello strumento, ma piuttosto il suo modo di operare.

Pirateria | Pixabay @Brasil2 – VCode

Capitanio ha parlato della conclusione della fase 1 e dell’inizio della fase 2: la piattaforma attuale non è più ritenuta adeguata alla situazione e entro la fine dell’anno verrà introdotta una nuova. Il commissario ha sottolineato che insieme alla rivoluzione infrastrutturale deve avvenire anche una rivoluzione culturale: “Non mi pronuncio sui costi degli abbonamenti”, ha spiegato Capitanio, “ma si scaricano anche libri a basso costo. È una questione culturale che non riguarda solo la pirateria, ma anche tutto ciò che avviene su internet”.

In conclusione, possiamo dire che Capitanio potrebbe avere ragione per quanto riguarda il fattore culturale, ma è impossibile pensare che il (sempre più elevato) costo degli abbonamenti non abbia un ruolo di prim’ordine nella scelta di molte persone di utilizzare siti streaming illegale. È pur vero che l’aumento degli abbonamenti è dovuto (anche) al fatto che molte persone utilizzano il pezzotto, ma per evitare questo effetto del “cane che si morde la coda” una delle due parti dovrebbe fare un passo indietro, e in questo caso è impensabile che a farlo siano le persone comuni.

Una diminuzione significativa dei prezzi degli abbonamenti, accompagnata dallo sviluppo di una piattaforma antipirateria sempre più efficace, orienterebbe le persone a optare per l’utilizzo dei siti legali, portando la soluzione del problema sempre più vicina o, quantomeno, potrebbe condurre a un netto miglioramento della situazione.

Federico Liberi

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