La Commissione europea indagherà la presunta violazione del Digital Services Act, il regolamento sui servizi digitali. Nel mirino di Bruxelles in particolare la diffusione di contenuti illegali, la trasparenza della pubblicità e l’interfaccia utente “ingannevole”
Il patron di X ancora nel mirino della Commissione europea. L’esecutivo comunitario ha avviato una procedura d’infrazione formale contro il social di Elon Musk per sospetta violazione del Digital Services Act (Dsa), la direttiva Ue sui servizi digitali. Sotto accusa in particolare la moderazione dei contenuti, la trasparenza della pubblicità e l’interfaccia utente.
La decisione arriva dopo l’indagine preliminare condotta da Bruxelles sulla diffusone, fra le altre cose, di contenuti illegali relativi all’offensiva lanciata lo scorso 7 ottobre da Hamas contro Israele. Ad annunciarla il commissario Ue al Mercato interno Thierry Breton: “Oggi abbiamo avviato una procedura formale di infrazione nei confronti di X per sospetta violazione degli obblighi di contrasto ai contenuti illegali e alla disinformazione, sospetta violazione degli obblighi di trasparenza, sospetto ‘Deceptive Design’ dell’interfaccia utente”, ovvero una configurazione grafica ingannevole.
Secondo Breton, l’avvio del procedimento formale contro l’ex Twitter, “dimostra chiaramente che, con il Dsa, è finito il tempo in cui le grandi piattaforme online si comportavano come se fossero ‘troppo grandi per preoccuparsene’. Ora disponiamo di regole chiare, obblighi ex ante, forte controllo, rapida applicazione e sanzioni deterrenti e utilizzeremo appieno i nostri strumenti per proteggere i nostri cittadini e le nostre democrazie”.
“Le prove di cui disponiamo attualmente sono sufficienti per aprire formalmente un procedimento contro X”, ha detto dal canto suo la vicepresidente con delega alla Concorrenza Margrethe Vestager. “La Commissione indagherà attentamente sulla conformità di X con il Dsa, per garantire che i cittadini europei siano tutelati online, come impone il regolamento”.
Si tratta della prima volta che la Commissione avvia una procedura di infrazione, sulla base della Digital Serviced Act, entrato in vigore lo scorso novembre. La nuova direttiva impone ai gestori delle piattaforme online di contrastare la diffusione di disinformazione e discorsi odio, senza pregiudicare al contempo la libertà di espressione. La violazione della può comportare una multa fino al 6% del fatturato globale, che nel caso di X significa milioni di dollari.
L’indagine valuterà vari aspetti: la gestione del rischio, la moderazione dei contenuti, l’interfaccia ingannevole, la trasparenza della pubblicità e l’accesso ai dati per i ricercatori.
Per quanto riguarda il contrasto alla diffusione di contenuti illegali e disinformazione all’interno dell’Unione europea, la Commissione prenderà in esame le misure adottate per valutare e mitigare il rischio.
Sotto la lente dell’esecutivo comunitario anche le misure messe in campo per contrastare la manipolazione dell’informazione, in testa quelle relative ai processi elettorali. In questo senso Bruxelles passerà al vaglio in particolare l’efficacia del sistema delle cosiddette “note della comunità” di X.
Saranno oggetto d’indagine anche le misure adottate per promuovere la trasparenza all’interno della piattaforma. Sotto accusa sono in particolare l’accesso ai dati da parte dei ricercatori e l’archivio degli annunci pubblicati.
Infine Bruxelles appurerà se la grafica dell’interfaccia utente sia ingannevole, in particolare per quanto riguarda le “spunte blu” collegate agli abbonamenti di X.
In una nota l’esecutivo Ue spiega che “dopo l’avvio formale del procedimento, la Commissione continuerà a raccogliere prove, per esempio inviando ulteriori richieste di informazioni, conducendo colloqui o ispezioni”.
Che X sia diventato il brodo di coltura in cui attecchiscono le fake news lo ha certificato anche la Commissione europea, che lo scorso settembre ha diffuso il rapporto sullo stato di attuazione del “Codice di condotta sulla disinformazione” firmato dai principali operatori digitali e dal quale la piattaforma del tycoon si è ritirata lo scorso maggio. Secondo l’esecutivo comunitario, è su X che si concentra “il più alto tasso di false informazioni” mentre il social network ha mostrato scarsissimo impegno sul fronte del contrasto alle notizie false.
Da quando Elon Musk ha preso in mano il timone di X, sulla piattaforma è proliferata la disinformazione. Un fenomeno a cui hanno contribuito in modo significativo l’eliminazione delle politiche di moderazione prima in vigore, permettendo il ritorno sulla piattaforma di migliaia di account in precedenza rimossi.
Senza contare il licenziamento di migliaia di dipendenti e collaboratori, a cominciare da quelli destinati al monitoraggio dei contenuti falsi e violenti, che ha consentito la diffusione sulla piattaforma di teorie cospirazioniste, figure estremiste e di un linguaggio d’odio verso minoranze etniche e religiose in ogni angola del globo.
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