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Attualità

Violenza sulle donne: la dipendenza economica che uccide lentamente

Esistono molte forme di violenza e quella economica spesso è un campanello d’allarme che preannuncia la violenza fisica

La violenza sulle donne ha molte sfumature dolorose al suo interno. Oggi i riflettori si sono puntati su questo fenomeno e ne stanno mettendo in evidenza molti aspetti che, fino a pochi anni fa, venivano considerati di secondaria importanza.

Un occhio nero è qualcosa di evidente, la violenza psicologica, che spesso lo preannuncia, lo è meno. Ma finalmente in questi giorni la lente di ingrandimento sta evidenziando questi aspetti capillari della violenza sulle donne che, solo se compresi, possono essere risolti. Solo fermando queste piccole ferite minori si può andare a tamponare la ferita aperta che la violenza sulle donne rappresenta nel mondo.

Che si parli quindi di violenza psicologica, che si parli di violenza economica e controllo dell’uomo sulla donna.

Cominciamo a farlo noi in questo articolo, per capire meglio quali sono le dinamiche che intercorrono quando una donna diventa economicamente dipendente dal marito o dal proprio compagno.

Violenza economica: di cosa si tratta?

Immagine | Unsplash – vcode.it

 

Quando un uomo impone alla propria donna di dipendere economicamente da lui sta creando un precedente pericoloso. Infatti, questa dipendenza economica della donna nei confronti dell’uomo che ha a fianco, andrà a costituire un primo strato di sbarre invisibili che la faranno sentire incapace di sottrarsi ad una situazione possibilmente pericolosa.

La violenza fisica è l’apice di un processo che nasce per vie traverse e più subdule, nasce da un: “licenziati e pensa alla casa, tanto ci sono già io che lavoro” e finisce con una donna prigioniera in casa sua che deve chiedere il permesso prima di fare un solo passo o prendere una decisione.

La dipendenza economica della donna, inoltre, farà sentire l’uomo in una posizione di controllo e potere sulla propria compagna, alimentando un senso di superiorità e di dominanza che, molto spesso, sfocia proprio nella violenza fisica. Il tutto secondo la logica del: “Se io pago per te e ti mantengo, tu fai quello che dico io. A partire da come ti vesti e cosa compri”.

Le insicurezze come terreno fertile della violenza

Gabriella Alemanno, commissaria della Consob, pochi giorni fa si è espressa in modo accurato rispetto alla violenza economica parlando in questo modo: 

«Sappiamo quale piaga sia la violenza sulle donne, e la violenza spesso è il culmine di un processo che parte da altre forme di sopruso, a partire dalla violenza economica. (…) La violenza economica si realizza in ambito domestico ma anche in ambito lavorativo. Pensiamo alle donne con retribuzioni più basse a parità di mansioni. Ma anche alle imprenditrici che faticano ad avere accesso al credito e spesso devono cedere il passo a fratelli e mariti nella gestione delle imprese, e questo per motivi culturali, indipendenti dal merito. Comunque, il problema non sta solo nel fatto che le donne hanno entrate inferiori. Tutte le indagini condotte sul tema ci dicono che le donne sono anche meno informate sugli aspetti finanziari. E molto spesso delegano la gestione dei soldi agli uomini della famiglia. Questo impedisce loro di avere il futuro nelle proprie mani».

Questo senso di inadeguatezza e inferiorità di molte donne nel gestire aspetti legati alla sfera economica o anche solo nel sentirsi in grado di intraprendere una propria carriera e ad affermarsi, è il terreno fertile per la violenza di genere. Una donna emotivamente insicura e che si sente inefficace nel poter badare a se stessa o ai propri figli a livello economico, tenderà ad accettare la dipendenza economica che la renderà prigioniera nella sua stessa casa.

In Italia quanto è diffusa la violenza economica?

In Italia oltre il 31% delle donne dipende economicamente dal partner o da un altro familiare come il padre o il fratello. Solo il 58% ha un proprio conto corrente intestato.

Questo potrebbe indurre a pensare: “Ma in fondo è anche una loro decisione non avere un conto intestato e non cercarsi un lavoro”. Eppure ancora una volta i dati ci dicono che la competenza economica delle donne si basa su un’educazione finanziaria pressochè insesistente che comporta un senso di incapacità e inefficacia della donna rispetto all’ambito finanziario e che fa in modo che aumenti le probabilità di dipendenza economica dal partner.

Inoltre, molto spesso alle donne non viene lasciata scelta e vengono obbligate dal proprio compagno a licenziarsi. Secondo un’indagine WeWorld, questo accade ad almeno una donna su dieci.

Violenza economica sul lavoro

Questo fenomeno purtroppo non avviene solo tra le mura di casa, ma anche sul luogo di lavoro. In questi casi le donne si trovano a subire molestie sessuali da parte di un proprio superiore che sfrutta la sua posizione di potere e di status economico contro una propria dipendente, giocando spesso sul fatto che la donna si sentirà costretta a mantenere il silenzio per non rischiare di perdere il posto di lavoro e quindi il proprio stipendio.

Immagine | Unsplash – vcode.it

Come contrastare la violenza economica

Per combattere la violenza economica occorre agire, come sempre, su due fronti. Ovvero guardare il problema dal punto di vista delle donne e degli uomini e agire tempestivamente fin dalla tenera età, andando a risolvere alla radice il problema culturale.

Le azioni che devono essere intraprese sono:

  • Favorire la formazione finanziaria delle donne per ridurre il senso di incapacità che molte donne avvertono nei confronti della gestione economica del proprio patrimonio o di quello familiare.
  • Incentivare l’assunzione di un ugual numero di donne e uomini e un salario equo a prescindere dal sesso. Diminuendo il gap di genere sul lavoro si può sperare che avvenga anche tra le mura domestiche.
  • Far sentire ascoltate le donne, proteggendo coloro che hanno il coraggio di alzare la mano e denunciare delle molestie subite sul lavoro. L’omertà e il fingere di non vedere o non sentire per “mancanza di prove evidenti” sono proprio il motivo per cui centinaia di donne si trovano a subire in silenzio, fino ad accettare passivamente la situazione.

 

La cultura in cui siamo immersi spesso ci porta a sottovalutare l’importanza delle piccole cose e ci porta ad essere in grado di vedere solo ciò che è più evidente senza scavare e andare più in profondità. Crediamo all’evidenza di un occhio nero e non alla richiesta d’aiuto fatta sottovoce che preannuncia l’occhio nero. Vediamo la violenza fisica ma quella psicologica ci sfugge.

Forse la soluzione a questo problema, che ora più che mai risulta evidente ai nostri occhi, sta proprio in questa sfumatura psicologica della violenza, e solo quando cominceremo a vederla riusciremo a soffocarla prima che si evolva in quello che leggiamo quotidianamente sui giornali. Prima che si trasformi in qualcosa di irreparabile.

Alessia Barra

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