Dal testo preparato dal presidente della Conferenza Onu sul clima di Dubai sparisce il riferimento alla “uscita graduale” dai combustibili fossili. Proteste da Ue e Paesi in via di sviluppo. Le organizzazioni parlano di testo “scandaloso” e denunciano le “pressioni” dei Paesi esportatori di petrolio
Il giorno dopo le polemiche per la bozza annacquata, il direttore generale della Cop28 Majid Al Suwaidi minimizza. Il testo circolato ieri, dal quale è sparito il riferimento all’uscita dai combustibili fossili, “è una base dei colloqui” fra i 197 riuniti a Dubai, che “va valutato nell’insieme” e “non guardando alle singole parole”, dice ai giornalisti. “L’obiettivo è cercare il consenso” avendo come riferimento il rispetto “di 1,5 gradi di riscaldamento globale“, previsto dagli accordi di Parigi. Di certo, nel giorno di chiusura ufficiale della Conferenza Onu sul clima, restano le divisioni tanto che ormai sembra scontato uno slittamento oltre la scadenza per arrivare a un accordo finale.
Il testo della discordia: scompare l’uscita dai fossili
Intanto non si placano le polemiche per un esito che in molti temevano. A cominciare da chi ha denunciato il conflitto di interessi del presidente della Cop28, Ahmed Al Jaber, a un tempo amministratore delegato della compagnia petrolifera di Stato e ministro dell’Industria degli Emirati arabi uniti.
La presidenza della Cop28, in un messaggio ai delegati, si dice “grata per i suggerimenti” che sta ricevendo “sull’intero pacchetto di decisioni”, che ieri molti Paesi avevano giudicato “deludente” e informa che sta “rivedendo i testi su tutte le questioni in sospeso” per riparlarne dopo averli modificati “non prima delle 18”. Riunioni e negoziati proseguono quindi alla ricerca di convergenze e compromessi che possano portare a un consenso unanime su un testo finale.
Sul piede di guerra soprattuto l’Unione europea e una parte dei Paesi in via di sviluppo, capeggiati dalle piccole isole-Stato, che rischiano di sparire a causa delle conseguenze del cambiamento climatico. A far infuriare è stata soprattutto l’eliminazione del termine “phaseout” (uscita graduale) dai combustibili fossili, sostituito da una formula meno ambiziosa, “phasedown” (riduzione graduale).
Altro punto controverso, l’uso del termine “unabated”, che fa riferimento agli impianti che non dispongono di sistemi di cattura e stoccaggio di anidride carbonica. Le 21 pagine circolata ieri limitano l’uscita dai combustibili fossili alle centrali e alle industrie che ne sono prive.
Un testo accusato nel complesso di fare gli interessi dei Paesi produttori di gas e petrolio, in testa l’Arabia saudita, primo esportatore di greggio al mondo, e altri Paesi membri o alleati dell’Opec, dall’Iran all’Iraq, dal Kuwait alla Russia che si oppongono strenuamente all’eliminazione delle fonti fossili. “Questa è la mia proposta, se non va bene aspetto le vostre, la mia porta è aperta”, ha messo avanti le mani Al Jaber.
Le proteste dell’Ue: “Testo chiaramente insufficiente”
Emblematiche le parole del ministro delle Risorse naturali della Repubblica delle Isole Marshall John Silk, che fa parte dell’Alleanza delle piccole isole-Stato (Aosis): “Non siamo venuti qui per firmare la nostra condanna a morte. Siamo venuti qui per lottare per +1,5 gradi e per l’unico modo per realizzarlo: l’uscita dei combustibili fossili”.
La ministra dell’Ambiente spagnola Teresa Ribera, in rappresentanza dell’Unione europea, ha giudicato il testo “chiaramente insufficiente”. Mentre il ministro dell’Ambiente italiano Gilberto Pichetto Fratin, nel complesso ai margini dei negoziati, ha detto che “si può e si deve fare di più” per questo l’Italia sta “lavorando con i partner europei per migliorare la proposta della presidenza emiratina”.
Il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres dal canto suo ha esortato le delegazioni a trovare “un compromesso” mostrando “massima ambizione” verso la “riduzione delle emissioni di gas serra e la giustizia climatica”.
La denuncia delle organizzazioni: “Uno scandalo”
Di “scandalo che delude”, ha parlato Oxfam International. “In questo momento le persone stanno morendo a causa dei disastri prodotti dal cambiamento climatico” in ogni angolo del Pianeta mentre “la proposta della Cop28 non fa neanche lontanamente quanto serve per prevenire la perdita di vite”, ha commentato Nafkote Dabi, responsabile delle politiche climatiche dell’Ong. “Tutti i Paesi devono rifiutare categoricamente questo documento totalmente sbagliato e chiedere un testo che rifletta realmente la volontà delle persone”.
Greenpeace International invece ha attaccato frontalmente i Paesi esportatori di petrolio. “Condanniamo la pressione esercitata dall’Opec e dalle compagnie petrolifere internazionali affinché nessuna decisione venga presa sull’eliminazione progressiva dei combustibili fossili”, ha detto alla France Presse Ghiwa Nakat dell’organizzazione ambientalista.
Il Brasile entra nell’Opec
Che non ci sia molto per cui essere ottimisti lo confermano anche le notizie che arrivano a margine della Conferenza sul clima di Dubai. Filtrata nei giorni scorsi, ora è ufficiale l’entrata del Brasile a partire dal prossimo gennaio nell’Opec. In patria, fuori e dentro il governo, la decisione del presidente Luiz Inácio Lula da Silva è stata accolto come un vero shock, dopo le promesse fatte in campagna elettorale di chiudere i ponti con la stagione del predecessore Jair Bolsonaro, fautore delle trivellazioni.
L’India invece ha fatto sapere che intende raddoppiare la produzione di carbone a 1,5 miliardi di tonnellate entro il 2030 per soddisfare la crescente domanda di energia.