Un intervento dello scorso novembre pubblicato dal Guardian mette in luce il conflitto d’interessi che mina la credibilità del vertice: “Senza gas e petrolio si torna alle caverne”. Lui precisa: “Parole male interpretate. Credo nella scienza”. Il segretario generale delle Nazioni Unite Guterres: “Affermazioni sull’orlo del negazionismo climatico”
I timori, paventati da più parti, che il conflitto d’interessi potesse minare la Conferenza Onu sul clima di Dubai, si sono materializzati ieri quando Sultan Ahmed Al Jaber, presidente della Cop28 nonché amministratore delegato della compagnia petrolifera degli Emirati arabi uniti, si è presentato in conferenza stampa per giustificare un imbarazzante intervento online del novembre scorso pubblicato dal consorzio di giornalisti investigativi Climate Reporting e dal quotidiano britannico The Guardian, in cui affermava tra l’altro che “senza combustibili fossili si torna alle caverne”. Affermazioni “assolutamente preoccupanti e sull’orlo del negazionismo climatico”, le ha bollate il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres.
Mentre le strade di Dubai si sono riempite di manifestanti, dal centro congressi Expo City Dubai Al Jaber, che è anche ministro dell’Industria degli Emirati, si è difeso dai “continui e ripetuti tentativi di minare il lavoro della presidenza della Cop28” spiegando che le sue parole sono state “male interpretate” perché lui “crede e rispetta moltissimo la scienza”. Ricordando di avere una “formazione da ingegnere” ha garantito di credere nelle “raccomandazioni sul cambiamento climatico”. Quindi ‘‘l’eliminazione graduale dei combustibili fossili è fondamentale. Deve essere ordinata, giusta e responsabile”.
Il ceo dell’Adnoc, la dodicesima al compagnia petrolifera al mondo, ha passato in rassegna i risultati già ottenuti in quattro giorni, a cominciare dal finanziamento del fondo “Loss&Damage” per risarcire i danni subiti dai Paesi più vulnerabili a causa del cambiamento climatico.
Le frasi sotto accusa sono state pronunciate il 21 novembre scorso nel corso di un incontro online dell’organizzazione non profit She Changes Climate. Presente tra altri l’ex inviata speciale delle Nazioni Unite e già presidente dell’Irlanda Mary Robinson. È a lei che Al Jaber si rivolge quando dice: “Mi mostri una strada per eliminare i combustibili fossili che consenta uno sviluppo sostenibile, a meno di non volere riportare il mondo nelle caverne”. Il presidente della Cop28 si è spinto fino a sostenere che “nessuna scienza dimostra che l’uscita dai combustibili fossili è necessaria per limitare il riscaldamento globale”.
Appena 24 ore prima il numero uno delle Nazioni Unite ai delegati riuniti a Dubai aveva ribadito che “la scienza è chiara: il limite di 1,5 gradi è possibile solo se smettiamo di bruciare combustibili fossili. Non riduzione. Eliminazione con una precisa tabella di marcia”.
Un epilogo scontato per chi già alla vigilia della Conferenza di Dubai aveva puntato il dito contro il conflitto d’interessi degli Emirati arabi uniti, che, con circa quattro milioni di barili di greggio al giorno, è nella top ten dei principali produttori di petrolio al mondo.
Del resto già l’inchiesta della Bbc, pubblicata lo scorso 27 novembre, aveva acceso i riflettori sul dietro le quinte della Cop28 rivelando i tentativi da parte del sultano di trarre vantaggio dal proprio ruolo per negoziare accordi su gas e petrolio durante le riunioni preparatorie della Conferenza. Accuse che un portavoce della Cop28 ha respinto parlando di “documenti non verificati” da parte dell’emittente britannica.
“La Cop28 dovrebbe occuparsi della riduzione delle emissioni di gas serra e non della firma di accordi nel settore dei combustibili fossili, che oltretutto aggraverebbero la crisi climatica”, ha attaccato Kaisa Kosonen di Greenpeace International. “Questo è esattamente il conflitto d’interessi che temevamo quando il capo di un’azienda petrolifera è stato scelto per dirigere la conferenza”.
È proprio sui combustibili fossili che restano più distanti le posizioni tra i delegati dei Paesi riuniti a Dubai. Si lavora a una bozza di accordo. C’è tempo fino al 12 dicembre per arrivare a un’intesa ma la strada sembra in salita. Il terreno più spinoso della Conferenza riguarda la riduzione o l’eliminazione graduale degli idrocarburi. Tra i detrattori in prima fila c’è l’Arabia Saudita, il più grande esportatore di petrolio al mondo, che ha già chiarito che “non accetterà assolutamente” di inserire nell’accordo finale l’eliminazione gradualmente dei combustibili fossili.
Non sarà un caso se quest’anno la Conferenza di Dubai registra un numero di lobbisti legati ai combustibili fossili quadruplicato rispetto all’anno scorso, raggiungendo la cifra record di 2.456. A fare i conti ha pensato Kick Big Polluters Out, una coalizione di oltre 450 organizzazioni in tutto il mondo che si batte per arginare l’influenza dell’industria fossile sulle politiche legate al clima.
In un anno in cui le temperature globali e le emissioni di gas serra hanno infranto i record, denuncia Kbpo, ai colloqui sul clima delle Nazioni Unite c’è stata una vera e propria invasione dei gruppi di pressione legati alle compagnie petrolifere – da Shell a Eni passando per ExxonMobil e Total – con un numero di accessi quasi quattro volte superiore a quello registrato alla Cop27 di Sharm el-Sheikh. Il numero dei lobbisti è superiore a quello delle singole delegazioni nazionali, se si escludono il Brasile e gli Emirati Arabi Uniti.
Intanto alla Conferenza di Dubai è tornato al centro del dibattito il nucleare come soluzione per abbattere le emissioni di gas serra. Sono una ventina infatti i Paesi – tra cui Stati Uniti, Francia, Regno Unito e i padroni di casa del summit – che hanno siglato un’intesa per triplicare entro il 2050 (rispetto al 2020) la produzione di energia atomica modo da raggiungere gli obiettivi di zero emissioni nette. A dare l’annuncio è stato l’inviato per il Clima della Casa Bianca John Kerry, insieme al presidente francese Emanuel Macron: “Non è possibile arrivare a zero emissioni nel 2050 senza il nucleare”.
Cauta l’Italia, che infatti non ha aderito all’intesa, nonostante in casa Lega e Forza Italia sponsorizzino l’atomo. “Su queste questioni bisogna essere pragmatici e non ideologici. Io non ho preclusioni su nessuna tecnologia che possa essere sicura e aiutarci a diversificare la nostra produzione energetica”, ha detto da Dubai la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. La “vera sfida” per l’Italia, ha detto, è piuttosto la “fusione nucleare”, una tecnologia su cui l’Italia “è più avanti degli altri”.
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